Vediamo insieme che cosa sono i precommitment rispetto a una campagna di equity crowdfunding, quanto sono importanti e perché. I precommitment altro non sono che promesse concrete di investimento.

Un impegno che alcuni investitori prendono prima dell’inizio della campagna e che in un certo senso viene portato in dote per il momento in cui la raccolta sarà effettivamente attiva. 

Ne abbiamo parlato con Francesco Zorgno, investment & asset manager e business angel.

Quello dei precommitment è forse l’aspetto, all’interno di una campagna di equity crowdfunding, che ha subito la maggiore evoluzione dalla nascita di questo strumento. E che oggi può rappresentare una conditio sine qua non per chiudere con successo la raccolta.

Si tratta anche di un tema soggetto a pregiudizi e disinformazione. Spesso si pensa che, se un portale chiede ai founder quanti precommitment hanno a disposizione, sia perché non vuole fare il suo lavoro. Tutt’altro!

Sottovalutare i precommitment, ovvero il fatto che sia fondamentale avere persone che si impegnino formalmente ad investire prima che la campagna abbia inizio, e che lo faranno non appena sarà online la raccolta, è un grave errore.

Pensare che gli investitori arrivino per il semplice fatto che la campagna verrà pubblicata online, significa almeno in parte boicottare tutto il lavoro fatto fino a quel momento.

La chiave per ottenere precommitment è la comunicazione

«Per avere dei precommitment è necessario comunicare e costruire la propria comunicazione ben prima dell’inizio della raccolta spiega Francesco ZorgnoSe come founder non hai fatto comunicazione sulla tua nuova impresa, molto probabilmente non avrai alcun precommitment. Se invece l’hai fatta e ti sei impegnato in questa direzione ma i precommitment non sono comunque arrivati, è possibile che non sia il momento di intraprendere una raccolta tramite equity crowdfunding».

Quando si ha l’obiettivo di ottenere la disponibilità di un investitore a mettere il proprio denaro nelle primissime fasi della campagna, ovviamente, è necessario che le persone interessate nel progetto siano a conoscenza della campagna con il dovuto anticipo. E che abbiano avuto modo di rifletterci. Devono capire bene le caratteristiche dell’offerta e avere tutte le informazioni necessarie a fare una scelta ponderata. Cosa che richiede molto lavoro da parte dei founder.

L’aspetto virtuoso dei precommitment

Come abbiamo già accennato, alcuni imprenditori hanno dei forti pregiudizi in materia di precommitment. Pensano cioè che un portale prenda informazioni su questo tema, richiedendo che ci siano dei precomittment, per “lavorare meno”. Non è assolutamente così.

Avviare la campagna avendo fin dal primo giorno alcuni investitori pronti ad entrare è una dichiarazione di affidabilità. Non è una garanzia di successo, quella purtroppo non c’è mai al 100%, ma stimola altre persone a credere nel progetto di business.

Mettiamoci nei panni di un investitore che non sa nulla di una startup e che consulta la pagina della campagna pubblicata sulla piattaforma. La prima cosa che fa è andare a vedere chi ha già investito. Immagina che si tratti di persone che conoscono da vicino i founder o che sono entrati in contatto con quel progetto di business da tempo, e che magari lo hanno seguito dai suoi primi passi. Sa che chi investe subito con buona probabilità è più informato e che avrà già consultato con attenzione tutta la documentazione, oppure conosce già il mercato.

«Di fatto avere delle persone che investono subito nella campagna rappresenta un elemento di rassicurazione per tutti gli altri potenziali investitori, che potrebbero avere qualche dubbio. Soprattutto se conoscono poco lo strumento dell’equity crowdfunding e se è la prima volta che investono» ha sottolineato Zorgno. 

Tanto “precommittato” vale ancora di più della presenza immediata di un investitore professionale, che come sappiamo è comunque richiesta nell’equity crowdfunding per chiudere una campagna. E che in ogni caso rappresenta anch’essa una rassicurazione.

L’effetto palla di neve o effetto gregge

Quello che stiamo descrivendo è un effetto conosciuto anche in sociologia e in psicologia e che prende il nome di “effetto palla di neve” o “effetto gregge”. Siamo inconsapevolmente portati a credere che, se un numero sufficiente di persone sta prendendo una determinata scelta, fare altrettanto sia una cosa intelligente. Più investitori entrano velocemente in campagna, più altri saranno portati a fare lo stesso.

I precommitment di fatto sono un fattore di condizionamento positivo che si esercita sugli investitori potenziali.

La loro assenza, al contrario, influenza negativamente la platea di interessati, che potrebbero pensare, dal momento che nessuno ha ancora investito, che il progetto sia troppo rischioso o poco interessante. Anche se questo non è per forza vero, anzi.

I precommitment sono indispensabili?

Ci teniamo a chiarire che esistono campagne che si sono chiuse positivamente, talvolta anche molto positivamente, anche senza “precommittato”. L’assenza dei precommitment, però, rende tutto più difficile, rallenta la campagna e di fatto la mette a rischio.

Bisogna aspettare che le persone leggano tutta la documentazione, si confrontino con i founder attraverso i canali che la piattaforma mette loro a disposizione, ci pensino e ci ripensino su. Alla fine è possibile che investano, ma si perdono giorni o più spesso settimane preziose. Di conseguenza la quantità di fondi che si raccoglierà molto probabilmente sarà più bassa di quanto si sarebbe raccolto partendo con dei precommitment. 

«Esattamente commenta Francesco . I precommitment non sono indispensabili per il successo ma sicuramente sono fondamentali per accelerare la campagna. Per chiarire il concetto vorrei ricordare quello che è successo a me personalmente con una delle startup di cui sono fondatore, che oggi non è più una startup perché è quotata in Borsa: CleanBnB. La società ha affrontato due round di aumento di capitale in equity crowdfunding, uno con precommitment e l’altro senza. Quindi si presta bene a spiegare quello che penso e a fare un confronto. Il primo round è stato fatto nel 2016 e all’epoca veramente non c’era nessuna conoscenza delle dinamiche dell’equity crowdfunding. Parliamo di uno dei primi round in assoluto in Italia.

Non avevamo preso in considerazione la valenza dei precommitment quindi abbiamo fatto investire in CleanBnB chi era interessato al di fuori della campagna, in un momento precedente. Peccato, la campagna poi è andata bene comunque (era uno dei primi esperimenti in assoluto) ma se ci fossimo comportati diversamente l’avremmo anche chiusa diversamente. Non abbiamo fatto molta comunicazione mirata prima della campagna perché i tempi erano stretti e non abbiamo pensato di usare chi aveva investito al di fuori della campagna come testimonial.

La raccolta è partita lentamente anche se c’era l’interesse dei curiosi verso qualcosa di nuovo. Abbiamo chiuso comunque con successo portando a bordo ben 100 soci: un risultato eccezionale per l’epoca ma due anni dopo, quando ormai avevamo studiato la materia e il crowdfunding era diventato più popolare, le cose sono andate in modo molto diverso».

L’esempio di una campagna che sfrutta i precommitment

Nel 2018, ancora una volta con il supporto di Dynamo-Lab, CleanBnB costruisce una strategia di comunicazione mirata partendo almeno 6 mesi prima, che è il tempo necessario a fare le cose per bene (link case study).

«Ed è stato un grande successo. Prima di tutto abbiamo comunicato che ci sarebbe stato un aumento di capitale fornendo una serie di dati sulla società. Abbiamo anche fatto formazione sullo strumento dell’equity crowdfunding. Non si è trattato di una “generica” campagna di comunicazione. L’obiettivo era mirato e le azioni strategiche messe in campo avevano come scopo ultimo quello di trovare investitori pronti a mettere i propri soldi nella campagna già nelle primissime ore.

Abbiamo comunicato con quei soggetti che sapevamo essere già interessati, come chi aveva investito nel primo round, creando una sorta di priority list. Non abbiamo mantenuto il segreto sulla campagna, sarebbe stato controproducente, ma alle persone più fortemente ingaggiate abbiamo dato notizie in anteprima. Un tocco di esclusività fa sentire speciali e dà un motivo in più per dare il proprio precommitment. Ovviamente non potevamo pubblicare un comunicato stampa al giorno, quindi abbiamo differenziato gli strumenti da usare. C’erano quindi diversi modi per entrare in contatto con la notizia che in pochi mesi ci sarebbe stato un nuovo aumento di capitale. Il tocco finale è stato organizzare un grande evento di apertura della campagna in un locale di Milano, dove abbiamo invitato non solo tutti i soggetti che facevano parte della priority list ma anche tutti i “vecchi” soci e diversi clienti.

Nel giro di poche ore abbiamo raccolto l’obiettivo minimo che c’eravamo dati e poi in tre settimane abbiamo chiuso tutta la campagna raccogliendo mezzo milione di euro. Era uno dei primi secondi round in assoluto» ha ricordato Francesco Zorgno.

Altro esempio di una campagna in cui c’è stato un potente effetto “palla di neve” è quello di GASGAS. Anche qui c’è stata una importantissima campagna di comunicazione partita sei mesi prima, rivolta non solo a una lista di persone potenzialmente già interessate ma anche ad altri contatti appartenenti alla community. E c’è stato un evento, questa volta negli ultimi giorni della campagna. L’effetto di trascinamento è stato tanto potente che anche una volta chiusa la campagna molte persone hanno chiamato la piattaforma CrowdFundMe per capire se c’era un modo per investire.

Fare informazione e formazione sull’equity crowdfunding

Quando parliamo di comunicazione intendiamo prima di tutto comunicazione mirata sul progetto imprenditoriale e sui suoi punti di forza. Ma è importante anche partecipare alla diffusione delle informazioni su cosa sia l’equity crowdfunding e su come funzioni. Un impegno in cui Dynamo-lab crede fortemente (link Academy).

Se vogliamo che le persone interessate alla startup o alla PMI investano il primo giorno della campagna, devono sapere che cos’è lo strumento. Devono avere già aperto un profilo sulla piattaforma e superato il questionario di adeguata verifica. Dovrebbero sempre sapere come funziona la rubricazione delle quote, come detrarre l’investimento dalla dichiarazione dei redditi e così via.

Non diamo mai per scontato il fatto che un investitore sappia come funziona l’equity crowdfunding. E molte persone, anche se interessate seriamente a investire, potrebbero essere piuttosto lente nel farlo. 

Evitare un errore strategico che porterebbe al fallimento

Per qualsiasi startup è un errore strategico anche solo pensare a una raccolta senza aver capito se questa raccolta può avere qualcuno interessato a investire. Così come va validato il progetto di business sul mercato, cercando di capire se il prodotto o il servizio interessa davvero ai suoi potenziali acquirenti, allo stesso modo va capito se gli investitori sono interessati al progetto. Anche semplicemente partendo da una piccola cerchia di investitori che fa parte del proprio network, per sondare il sentiment.

Il portale non ha il compito di trovare investitori, quel compito spetta ai founder. Un lavoro difficile di cui parliamo in modo approfondito nel libro Equity Crowdfunding La strategia perfetta (link) realizzato con la partecipazione di ben 13 autori.

Per concludere, ricordiamo ancora una volta ai founder di non prendersela quando, nel momento in cui si candidano per l’equity crowdfunding, verrà loro richiesto se hanno o meno dei precommitment. Certamente la piattaforma sarà molto scrupolosa nella sua analisi del progetto (link primo articolo), valutandone solidità e appetibilità, ma non può garantire l’investimento.

La piattaforma è solo un mezzo per consentire alla folla di piccoli investitori di identificare realtà su cui puntare. Il fatto che si informi sui precommitment vuol dire che lavora in modo serio e non il contrario. Non serve avere come “precommittato” tutto quanto è necessario per chiudere una campagna, ovviamente, perché allora forse non è neppure necessario raccogliere tramite questo strumento. Però è importante avere pronto un volano che accenda la campagna. Poi la piattaforma sceglierà di volta in volta, rispetto al singolo caso, se accettare o meno progetti senza precommitment.

Per concludere…

I precommitment, infine, consentono ai founder di vivere la campagna con meno ansia, perché il lavoro di ricerca fondi è stato iniziato prima ed è quindi più diluito. Una campagna preparata con cura dal punto di vista della comunicazione è una campagna che (quasi sempre) ha precommitment e che vede moltiplicate le proprie possibilità di successo.

Questo articolo nasce dalla nostra iniziativa di formazione CrowdInvest Academy, iscrivendoti puoi seguire le dirette e guarda i video dei webinar già andati in onda.