I precommitment sono le promesse di investimento (promesse reali) che gli investitori fanno ai founder in vista di una campagna di crowdfunding. Si tratta di un tema molto dibattuto sul quale c’è spesso confusione.

Lavoriamo a stretto contatto con i team di diverse piattaforme di equity crowdfunding. Di conseguenza sappiamo bene che una domanda che viene sempre posta ai founder, quando un progetto è in fase di selezione per una eventuale campagna, è proprio questa: “quanti precommitment avete raccolto?”.

Poiché tra i nostri clienti ci sono diverse startup e PMI innovative, sappiamo anche che questa domanda spesso viene presa dal verso sbagliato. Quindi, prima di addentrarci nel tema specifico di questo articolo, ci teniamo a fare due premesse importanti.

  • Il lavoro della piattaforma non è quello di trovare investitori, questo compito spetta ai founder. Anche se la piattaforma dà una mano sollecitando l’interesse della sua community di investitori sui nuovi progetti.
  • I precommittment sono fondamentali per il successo di una raccolta. Certamente ci sono casi in cui un’azienda raccoglie fondi in equity crowdfunding anche senza precommitment ma è più difficile e più rischioso avventurarsi nell’impresa senza “precommittato”.

Detto questo, cerchiamo di capire in quale modo la comunicazione aiuta a raccogliere precommitment.

La chiave per ottenere precommitment è la comunicazione

Pensare che i precommitment siano solo “un di più” e che non siano essenziali per portare a termine una campagna raggiungendo gli obiettivi prefissati, è un grave errore. Purtroppo sono troppo pochi gli investitori che “arrivano” per il semplice fatto che la campagna è stata pubblicata online.

Le attività di comunicazione messe in campo dalla piattaforma e rivolte al network di investitori fidelizzati sono utili, ma non sufficienti.

Pianificare un’adeguata attività di marketing è indispensabile per avere dei precommitment. In particolare, bisogna mettere a punto una strategia di comunicazione ben prima dell’inizio della raccolta. I founder che non hanno pensato a come raccontare la nuova impresa, sia al proprio network sia al di fuori di esso, molto probabilmente non avranno alcun precommitment da “portare in dote” all’avvio della campagna.

Altra cosa da tenere sempre a mente: coloro che si impegnano al massimo a cercare investitori pronti a metterci la propria faccia e il proprio denaro fin dal primo giorno della campagna ma non ne trovano nessuno, devono considerare il fatto che i tempi forse non sono maturi, e che sarebbe meglio rinviare la raccolta e capire se c’è qualcosa che non va nel progetto.

Come ottenere precommitment?

Quando si ha l’obiettivo di ottenere la disponibilità di un investitore a mettere il proprio denaro nelle primissime fasi della campagna di una startup, ovviamente, è necessario che le persone interessate nel progetto siano a conoscenza della raccolta con il dovuto anticipo. E che abbiano avuto modo di rifletterci. Devono capire bene le caratteristiche dell’offerta e avere tutte le informazioni necessarie a fare una scelta ponderata. Cosa che richiede molto lavoro da parte dei founder.

Ci sono investitori che scelgono un progetto “di pancia” e altri che ci riflettono a lungo.

Se l’azienda in questione è una PMI, il lavoro è di solito un po’ più facile, perché ci sono già dei dati storici finanziari e patrimoniali da mostrare. Se invece parliamo di una startup, che magari non ha ancora un fatturato da “esibire”, i giochi si basano su altro. Prima di tutto sulla bontà del team, sulle sue capacità e sul network di ciascuno dei membri.

Parliamo di love capital

Il love capital, chiamato anche Family, Friends and Fools (FFF), indica il capitale iniziale per l’avvio e lo sviluppo di una impresa che si può raccogliere dai parenti, dagli amici, o da investitori che siano al contempo amanti del rischio e interessati a quel particolare tipo di mercato. Questo capitale può proprio essere quello che costituisce i precommittment in una prima campagna di equity crowdfunding. 

Non bisogna però pensare che gli investitori della sfera FFF non abbiano bisogno di essere convinti o che non cerchino spiegazioni. Fare una telefonata da 1 minuto a ciascuno di loro o copiare e incollare un messaggio su WhatsApp per invitarli a investire non basta. Anche nei loro confronti serve un’attenta opera di comunicazione, che parte dagli incontri faccia a faccia, spesso necessari. Vediamo una per una le “armi” per comunicare che ogni founder dovrebbe sempre mettere in campo.

Gli incontri one-to-one

I parenti e gli amici possiamo invitarli per un caffè in ufficio o per un pranzo/cena fuori o a casa. Ci conoscono e sanno di cosa siamo capaci, ma ricordiamoci che il denaro è una questione delicata per tutti e che anche loro hanno bisogno di spiegazioni accurate. Sottolineiamo sempre il fatto che si tratta di un investimento ad alto rischio e che potrebbero perdere tutto il capitale investito.

Fiere, manifestazioni e altre tipologie di eventi legati al settore di appartenenza o al mondo delle startup possono essere un’occasione preziosa per parlare direttamente con gli investitori “fools”. Persone che potrebbero decidere di credere nel progetto anche se non ci conoscono oppure colleghi, ex compagni di studi e così via che credono nel nostro potenziale. A loro è importante consegnare tutta la documentazione in nostro possesso (come un bel business plan, eventuali brochure e magari studi di settore ben confezionati). Questi strumenti possiamo darli, ovviamente, anche ai parenti e agli amici stretti, a patto che per loro siano comprensibili.

Gli strumenti professionali

Ricapitolando, prima di iniziare la nostra opera di convincimento e ricerca di investitori della prima ora, ci servono una serie di documenti e strumenti, ovvero:

  • un business plan chiaro e facile da leggere, ben confezionato dal punto di vista grafico;
  • un pitch deck, cioè una presentazione del progetto sotto forma di slide, possibilmente in due versioni. Una più breve e adatta a un pubblico generalista e una più lunga e complessa pensata per venture capitalist, business angel eccetera;
  • il video legato al core business e al crowdfunding. Deve contenere una call to action, alla fine, che inviti a investire. Durata massima 3 minuti.

Tutti questi sono strumenti di comunicazione e persuasione professionali e in quanto tali andrebbero realizzati con l’aiuto di esperti se non si è competenti in materia.

Il gruppo Telegram o WhatsApp

Una volta raccolto un gruppo di persone seriamente interessate a investire non appena la campagna di equity crowdfunding sarà online, creiamo un gruppo su Telegram o WhatsApp per restare in contatto con loro. Si tratta di una attività faticosa ma che ha un vantaggio. Eviteremo di ripetere le stesse spiegazioni un milione di volte: come è più che lecito, molti investitori potenziali vorranno farci delle domande e spesso queste domande saranno le stesse.

Limiteremo al massimo anche le telefonate a tutte le ore del giorno e della notte. Se, giusto per fare un esempio, la campagna non parte esattamente il giorno prestabilito o quando un evento programmato viene spostato, basterà un messaggio nel gruppo.

Molti investitori si sentono parte della causa ancora prima di investire il che è una bella cosa. Ma capita che riversino sui founder una grande quantità di dubbi e ansie. Questo accade indipendentemente dalla cifra investita. Il gruppo su Telegram o WhatsApp, per quanto impegnativo da seguire, è il compromesso migliore per rassicurare. Le settimane che precedono la campagna sono più impegnative di una maratona, è importante dotarsi di tutti i piccoli strumenti (digitali e non) per semplificarsi la vita.

Prepararsi a diventare frontman

Il CEO dovrebbe esercitarsi per tempo a parlare del progetto con competenza, sicurezza e potendo in modo spigliato, sia di fronte a una singola persona sia di fronte a piccoli e grandi gruppi. Il nostro consiglio è quello di avere a disposizione brochure, volantini e presentazioni professionali ma anche un discorso sempre pronto, preparato assieme a qualcuno di competente. Esercitandosi diventerà facile ripeterlo con serenità in qualunque contesto.

In alcuni casi, se il CEO non è la persona adatta ad assumersi il ruolo di portavoce, questo può essere affidato a un’altra figura, ad esempio un altro founder con un ruolo attivo in azienda.

I precommitment trainano gli investimenti

Quando una campagna inizia fin dal primo giorno con una buona dose di investimenti già versati, l’azienda ci guadagna in affidabilità. Chiunque consulti la pagina della raccolta, infatti, noterà il fatto che altre persone hanno già creduto nel progetto e anzi ci credono talmente tanto da aver investito subito.

Ciò rappresenta un potente fattore di rassicurazione per tutti gli altri potenziali investitori e per chi nutre qualche dubbio.

Non solo, i precommittment scatenano quello che in psicologia viene definito “effetto gregge”. Come esseri umani siamo inconsapevolmente portati a credere che, se un numero sufficiente di persone sta prendendo una determinata scelta, fare altrettanto sia una cosa intelligente. Più investitori entrano velocemente in campagna, più altri saranno portati a fare lo stesso. I precommitment di conseguenza funzionano da fattore di condizionamento positivo sugli investitori potenziali.

La loro assenza, al contrario, influenza negativamente la platea di interessati, che potrebbero pensare, dal momento che nessuno ha ancora investito, che il progetto sia troppo rischioso o poco interessante. Indipendentemente da come stanno le cose nella realtà.

Se hai bisogno di mettere a punto gli asset per comunicare la tua campagna, intercettare l’interesse degli investitori e trovare precommitment contattaci!