Quali sono i vantaggi reali dell’equity crowdfunding per startup e PMI?

Una campagna di equity crowdfunding ha molti vantaggi concreti. Sia per chi ha un capitale da far fruttare, perché lo strumento dà la possibilità di differenziare gli investimenti scegliendo progetti reali su cui puntare, sia per gli imprenditori.

Chiunque abbia esperienza di raccolte da una “folla” di investitori (che si tratti di equity o di reward crowdfunding) sa che ogni campagna di crowdfunding è anche o meglio soprattutto una campagna di comunicazione e che in quanto tale va pianificata con cura. Dato che l’obiettivo di ogni azienda è quello di vendere un prodotto o un servizio sul mercato, e che ciò è impossibile se nessuno sa che esisti, grazie al crowdfunding si ha un’opportunità unica nel suo genere per farsi conoscere e accrescere la brand awareness.

Non solo, è proprio avvicinandosi al crowdfunding che alcune aziende si applicano alla costruzione di una community, ottenendo nel tempo un doppio vantaggio: persone che acquistano e che investono. Supporter fidelizzati che spesso tornano a investire anche in un’eventuale seconda campagna, quando arriva il momento di crescere ancora. Ma andiamo con ordine.

Fare il pieno di visibilità

I circa 60 giorni di durata media di ogni raccolta sono giorni molto frenetici. Durante tale periodo è necessario mantenere vivi tutti i canali di comunicazione, dal sito ai social, e farsi supportare dal portale per ottenere il massimo dell’attenzione possibile. Ma la visibilità che un’azienda può ottenere grazie a una campagna di crowdfunding va al di là di questi 60 giorni, vediamo come e perché.

Non dobbiamo dimenticare le attività di PR e marketing che la società deve mettere in campo nel periodo che precede la raccolta, idealmente almeno sei mesi prima. Senza questa visione a medio termine raggiungere gli obiettivi di raccolta è molto più difficile (link alle pagine Dynamo).

Cosa bisogna fare concretamente? Dipende dal brand da promuovere, ma ci sono delle regole di massima. In Dynamo cuciamo la strategia di comunicazione su misura per ogni azienda, ma in linea generale sappiamo che, per quanto riguarda il periodo che precede la campagna, è bene iniziare con le attività di PR per contestualizzare il business e iniziare a farlo conoscere al grande pubblico con largo anticipo. Inoltre, bisogna prevedere uno o due mesi di “silenzio” stampa tra queste attività e il lancio effettivo della campagna. Perché? Per non rischiare di “saturare” i media e perdere l’attenzione dei giornalisti quando più sarà fondamentale.

Popolare i canali social, mettere a punto il sito oppure optare per un suo restyling, sono tutte operazioni che richiedono tempo. Quando gli investitori e i clienti andranno a curiosare su queste pagine storceranno il naso se troveranno un sito poco performante, con link interrotti, difficile da navigare da mobile, privo di contenuti o spiegazioni esaurienti. E lo stesso vale per i canali social, che richiedono tempo per crescere…

Perché serve tanto tempo?

L’ideale è pubblicare per alcuni mesi con regolarità sia sul blog sia su Facebook, LinkedIn, Instagram, TikTok e gli altri, creando contenuti ad hoc per ciascuna piattaforma. Quali canali usare dipende dalla tipologia di servizi o prodotti venduti e dalla clientela target. Ma su tutti i social sono fondamentali costanza e frequenza.

Nella nostra esperienza vanno condivisi almeno due contenuti a settimana su ciascun canale. Con la consapevolezza che in linea di massima pubblicare quotidianamente è l’ideale. Nei giorni della campagna, la frequenza deve crescere. Bisogna, infatti, stimolare più curiosità e attenzione possibile!

In alcuni casi, quando c’è da correre ai ripari perché non è stata pianificata la comunicazione per tempo, è possibile organizzarsi per creare molti contenuti in pochi giorni. In questo modo si popola velocemente un canale poco o per nulla presidiato. Ma nell’ottica di guadagnare follower per ciascuna pagina, il tempo è una variabile fondamentale. Solo con un canale che da tempo pubblica contenuti di valore potremo radunare un pubblico e suscitare reazioni e coinvolgimento.

Il supporto attivo e “passivo” della piattaforma

I principali portali di equity crowdfunding hanno il proprio bacino di migliaia di investitori “affezionati”. Questi piccoli o grandi investitori che ruotano attorno alla piattaforma, anche se per forza di cose non sono interessati a supportare ogni singolo progetto, potranno comunque raccogliere informazioni sulle nuove campagne e parlarne ad altri. Sarà la piattaforma stessa a stimolarli in questa direzione, tramite newsletter e comunicazioni mirate.

La visibilità legata a una campagna di equity crowdfunding si amplifica grazie al bacino di investitori soprattutto per le aziende che offrono servizi e prodotti B2B. Questo accade perché, attraverso un canale come LinkedIn (fondamentale quando si va in raccolta), le notizie sulla startup arrivano direttamente ai potenziali stakeholder, attraverso il tam-tam del portale, dell’eventuale community e della rete personale di ogni investitore, che riceve e condivide gli aggiornamenti della piattaforma.

Su LinkedIn le persone hanno l’abitudine di diffondere informazioni interessanti in ottica business. Cosa che è utile per raccogliere fondi ma anche per trovare nuovi partner commerciali, grossi clienti, fornitori chiave che entrano a far parte della value proposition e così via.

Il valore di una community

Spesso, gli investitori che scelgono di supportare un’impresa tramite lo strumento dell’equity crowdfunding sono tra i primi a comprare il prodotto o il servizio, e viceversa.

La community degli investitori è formata anche da clienti o quantomeno da potenziali clienti realmente interessati. Allo stesso modo, i clienti di un brand, soprattutto se si tratta di una startup innovativa che propone qualcosa di mai visto prima (o quasi) possono diventare investitori della crowd in un secondo momento.

Pensando ai clienti che Dynamo-Lab ha supportato nel processo di comunicazione prima, durante e dopo il crowdfunding, abbiamo constatato più volte questa duplice natura degli investitori/clienti. Solo per citare alcuni casi è accaduto a DoctorApp, Fedro e Bettaknit.

Come si costruisce una community?

Quando l’obiettivo è quello di costruire una community, ancora una volta, servono tempo e pianificazione. La domanda da cui partire è semplice, anche se le risposte possono essere complesse. Perché le persone interessate a quel prodotto o servizio dovrebbero avere la voglia di riunirsi e comunicare tra loro?

Sintetizzando, ci sono 4 bisogni a cui una community ben costruita può rispondere. 

  • Identità. Far parte di un gruppo che ha valori e obiettivi condivisi fa stare bene perché ci si riconosce nell’altro. 
  • Fiducia. Ci si sente tra pari ma si è anche consapevoli del fatto che altri hanno informazioni approfondite su un tema che sta a cuore e si può dare per scontato che tali informazioni siano corrette e affidabili.
  • Partecipazione. All’interno di una community ogni contributo conta e attraverso la propria partecipazione spontanea si costruiscono nuove relazioni (spesso digitali ma non per questo meno “reali” o importanti).
  • Ricompensa. Il fatto stesso di far parte di una community viene percepito da molti come una ricompensa. Così come l’attenzione e la fiducia che si ricevono da parte degli altri. Ma le ricompense arrivano anche dal brand, sotto forma di sconti o contenuti che non vengono elargiti al grande pubblico.

Presto dedicheremo un articolo approfondito alle modalità di costruzione di una community. Ma per riassumere il processo si compone di 5 fasi, che vanno dal branding (senza un’identità forte è impossibile costruire una community) e dal reclutamento dei potenziali interessati, passando per la costruzione della fiducia e la fidelizzazione del gruppo, fino al nutrimento costante della community. Quest’ultima non può essere mai abbandonata a se stessa, va curata con costanza.

Non dimentichiamoci che il tipo di community e lo strumento da usare (Gruppi Facebook, Telegram e così via) dipende da chi sono le persone in target. Inoltre, va compreso che bisogna dare (sconti, informazioni, contenuti di qualità) prima di ricevere.

Gli ambassador del brand

Quello che si fa abitualmente quando si mette a punto il business plan per un nuovo prodotto o servizio vale anche per la costruzione di una community. Si parte dalla soluzione a un problema.

Dobbiamo chiederci quali problemi affronta il gruppo che vogliamo intercettare/radunare e cosa i suoi membri vorrebbero imparare/scoprire che ancora non sanno.

Tra i membri di una community potremmo trovare persone particolarmente attive e dedite alla comunicazione dei valori del brand, perfette per essere trasformate in brand ambassador e/o in soci investitori.

In molti casi avviene un passaggio spontaneo che stimola la crowd stessa a parlare del brand. Spesso i soci della startup, a campagna conclusa, diventano ottimi portavoce dei valori aziendali. Hanno un interesse concreto nella crescita dell’azienda, perché il successo del business in cui hanno investito è anche il loro successo. Di conseguenza, verrà loro naturale il fatto di impegnarsi per far conoscere la società a più persone possibile.

Mettere a punto gli asset di comunicazione

Per uscire vincitori da una campagna di equity crowdfunding è necessario mettere a punto diversi asset di comunicazione (e non). Servono un business plan inattaccabile e un pitch deck ben costruito: non solo per conquistare gli investitori, ma anche per convincere la piattaforma della bontà del progetto!

C’è bisogno di un video breve (massimo 3 minuti di durata) adatto a raccontare in modo veloce il business e a catturare l’attenzione dei potenziali investitori, nella speranza che poi approfondiscano la conoscenza della startup o della PMI e scelgano di investire.

I founder devono esercitarsi a parlare dell’idea di business ed essere pronti a rispondere a qualsiasi domanda un milione di volte.

Ci vogliono profili social curati e attivi (sia quelli aziendali sia quelli del team).

Il sito deve essere ben realizzato e mobile first.

E la lista non finisce qui… Di fatto una campagna di equity crowdfunding è un’ottima occasione per mettere a punto tutta una serie di strumenti di comunicazione indispensabili per far conoscere e crescere il proprio brand. Senza non si vince la campagna ma neppure si vendono i propri prodotti e servizi. Ciò che si costruisce per la campagna serve anche dopo, per continuare a promuovere organicamente il brand.

Per concludere, possiamo dire che le attività messe in campo per la campagna permettono di trovare clienti, fornitori e partner, di creare un network e costruire le fondamenta di tutto il processo di comunicazione del brand.

E questo indipendentemente da quanto si raccoglie: perché si costruisce un piano di comunicazione solido e si acquisiscono asset che possono essere usati nel tempo. Il video del crowdfunding opportunamente rielaborato è perfetto per l’home page del sito aziendale o per la sezione “Chi Siamo”. I canali social popolati e la community trainano le vendite, le uscite sui media consolidano la storia del brand. E così via…

Se sei un founder e vuoi prepararti al meglio alla campagna di equity crowdfunding contattaci, avrai dalla tua parte un team di esperti con oltre 60 campagne alle spalle!